La “Piazza delle Possibilità” : diamo una seconda chance alle cose

Oltre a creare minigonne, l’obiettivo principale di Cheap Lobster è quello di riscoprire “l’arte di arrangiarsi” che è in ognuno di noi. Una caratteristica tipicamente Italiana, che nasce dalla voglia di dare una seconda chance alle cose, di riscoprirle, di liberarle e di liberarci da questo senso di “possedere a tutti i costi” che abbiamo. 
“La Piazza delle Possibilità” è un’iniziativa sociale e creativa di scambio e riciclo, che rispecchia alla perfezione l’Arte di cui parlo. Infatti ogni settimana in orario di aperitivo, un gruppo di persone si incontrano per scambiarsi oggetti, autoproduzioni o semplicemente idee/opinioni. L’obiettivo non è più quello di possedere e comprare, ma quello di creare un mercato fondato sul tempo e sulle relazioni interpersonali. Per creare una rete di interazioni e conoscenze.  Cheap Lobster ha intervistato Giulia ed Anita, le due menti del progetto.
 
Quando è nato e come si è evoluto il progetto nel tempo? Qual’è la vostra mission?
“La Piazza delle Possibilità” nasce nel 2012 dall’idea di tre giovani donne di condividere quella parte di armadio di cui ormai sono stanche; una sorta di swap party in cui però non sono solo gli abiti la merce di scambio, ma anche conoscenze e abilità. Avevamo voglia di creare uno spazio in cui ci si potesse sentire liberi e a casa, e così siamo entrate in una stanza vuota di Art Lab e l’abbiamo occupata. La Piazza è cresciuta fino a diventare un sistema con un’economia indipendente, in cui il denaro non è considerato. Il nostro laboratorio di produzione creativa e di riuso di materie prime – Il Laboratorio delle Possibilità,  si basa sui presupposti del co-working e si avvale del know-how di artigiani e volontari che seguono i progetti di creazione dall’inizio alla fine. L’obiettivo è quello di sostenere l’autosufficienza e l’autodeterminazione attraverso il lavoro artigianale, potenziando il benessere delle persone.  Si vuole dare a tutte le persone che passano dal laboratorio, noi comprese, la possibilità di reinventarsi, di spogliarsi per qualche ora del ruolo che la società ci ha cucito addosso e di rientrare nei propri panni, quelli scelti da noi, quelli che più ci piacciono. I destinatari sono persone che vivono situazioni a rischio di marginalità, disoccupate ma anche artigiani professionisti o aspiranti tali. 
Come si può partecipare? 
Si può partecipare in diversi modi: esponendo le proprie autoproduzioni, creandone di nuove nel nostro laboratorio, donando materiali o tempo. Le persone che acquistano le nostre produzioni o i nostri abiti usati solitamente sono attratte dalla qualità dei manufatti e dalla storia che raccontano, perché anche gli oggetti possono avere una seconda possibilità. Anche alcuni dei nostri abiti usati hanno qualcosa da raccontare; chiediamo infatti alla proprietaria originale di lasciare un messaggio per quella futura, così che si crei una relazione. Alcuni messaggi indicano dove e quando si è comprato quel capo, per quale occasione, perché lo si è amato. La persona che acquista quell’abito sente che c’è una storia dietro e si sente partecipe di un’esperienza magari cominciata nel 2009 in un mercato dell’est-end.
 
Qual’è il futuro del “La Piazza delle Possibilità”? Quali sono i vostri obiettivi a breve e lungo termine?
Non sappiamo quale potrebbe essere il nostro futuro, sappiamo solo che sarà radioso! Anticapitalista, antifascista e soprattutto femminista. Lotteremo per rimanere il più vicino possibile all’idea di mondo che ci piace, e cioè libero, accogliente, dove si possa sbagliare senza problemi e dove nessuno sia straniero.  Vogliamo rimanere aperti e curiosi verso il mondo che ci circonda, ascoltare ed osservare con attenzione sempre alla ricerca di nuove ispirazioni. Ne breve tempo stiamo creando dei porta pennelli per gli amici grafici e disegnatori, un marsupio pimpato con stoffa africana e ci stiamo facendo stampare il nostro logo dalla serigrafia che si trova al piano di sopra per poterlo cucire sulle creazioni.
Nel lungo periodo ci piacerebbe riuscire ad organizzare dei corsi di cucito per principianti tenuti dai nostri sarti affinché lo scambio di competenze sia interamente circolare e il processo di crescita e di appropriazione consapevole del proprio potenziale si realizzi pienamente. La strada è ancora lunga ma di certo non ci spaventa. La percorreremo senza fretta, con il nostro passo, che non è sempre regolare, dipende da che scarpe indossiamo. A volte facciamo anche qualche passo indietro ma solo per prendere la rincorsa.
Le Cose sono tante cose.
Sono figlie del loro passato, dell’idea che le ha concepite, delle mani che le hanno plasmate, del progetto, del lavoro, dell’imprevisto, del tempo.
Sono profetiche, riposte in attesa del futuro, sognate, progettate, preparate, disposte.
Portano segni di chi le ha possedute, desiderate, perdute., ma anche una traccia di chi le accoglierà.
Le cose sono vagabonde, corrono di mano in mano, scivolano nelle tasche, affondano nelle borse, trovano rifugio nei cassetti.
Compaiono, si nascondono e si perdono.
A volte si ritrovano, a volte no.
Cambiano forma ed utilizzo, circolano.
Si nutrono di idee, pensieri, energie, delle nostre storie e di quelle altrui, e celano nel ventre qualcosa che somiglia alla nostra voce.
Sono camaleontiche. Mutano forma, uso, senso, a seconda di chi le guarda.
Le cose esistono solo per chi le cerca.
Ci sono cose che fanno viaggiare gli uomini, altre che viaggiano con loro, fedeli e inosservate, eppure essenziali, discretamente indispensabili.
Le cose agitano, mescolano, muovono i popoli.
Sono nomadi, esistono solo per transitare, e se si fermano è per farci incontrare, scontrare, fondere, moltiplicare.
Le cose ci creano.
Sono libere, e ci liberano se le lasciamo andare.

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